Ritratto immaginario

GIUSEPPE MARIA FELICINI

Malavitoso / Bandito

1626 - 1715


Palazzo Felicini

Si tratta di un bolognese molto “minore” e non meriterebbe di entrare in questi “ritratti”, se non si reputasse che a lui si sia ispirato Alessandro Manzoni per il suo Innominato.

In effetti le analogie fra il nobile bolognese ed il crudele Signorotto dei Promessi Sposi sono notevoli e lo vedremo nell’ambito della sua breve biografia.

I Felicini erano una facoltosa famiglia bolognese il cui quattrocentesco palazzo si può ancora ammirare in via Galliera.

Non sappiamo nulla della sua infanzia, ma dalla giovinezza in poi le cronache … nere del tempo ne sono piene. Omicidi (una ventina, per lo più contro popolani che cercavano d’impedire i suoi soprusi, specie sulle loro donne), latrocini e sopraffazioni di ogni tipo lo resero nello stesso tempo pericoloso e temuto.

Ci mise molto la giustizia della città ad espellerlo da Bologna e quando ci riuscì, il Granduca di Firenze gli affidò un piccolo feudo sull’Appennino Tosco-emiliano, proprio ai confini fra i due Stati.

E così la situazione peggiorò, perché, da li poteva assalire indisturbato le diligenze che attraversavano quei monti e, soprattutto, compiere ancora, assieme ai suoi numerosi “bravi”, le scorrerie nel bolognese, potendosi subito dopo rifugiare… all’estero.

Fortuna volle che ad un certo punto anche il Granduca si stufasse di lui, e così lo fece catturare (ci volle un intero esercito per assalire il suo Palazzaccio fra i monti) e rinchiudere nella Rocca di Volterra, da dove non uscì più.

Quando morì (ma prima – si dice – non mancò di sedurre la moglie del castellano–carceriere) si era confessato e aveva lasciato alla chiesa locale quel tanto per costruirvi una nuova cappella. E così, forse, potè anche meritarsi il Paradiso.