San Girolamo della Certosa
CHIOSTRI E CAMPI
Dal silenzio conventuale a quello dei defunti

 

Come si sa, gli antichi chiostri dei convento erano al loro interno spazi destinati alla sepoltura o dei frati o, in alcuni casi, ma in aree ben separate, dei civili.


L’entrata ottocentesca


L’entrata da via della Certosa

San Girolamo della Certosa non fa eccezione, ma in aggiunta a quelli antichi, dall’inizio dell’Ottocento, vennero in continuazione aperti nuovi spazi racchiusi da portici e collegati fra loro da logge, passaggi, corridoi (anche angusti) e arre più o meno coperte per la sepoltura di tutti.

Fu così che la Certosa divenne sinonimo di Camposanto, il cimitero monumentale di Bologna.


Uno dei due “Piagnoni”

In questo coacervo di labirintici passaggi, gli stili, com’è naturale, variano: dalle poche antichità rimaste, si passa all’epoca classicheggiante del primo ottocento, al verismo romantico della seconda metà di quel secolo, al liberty, alla pseudo-romanità imperiale del ventennio, al modernismo spesso più sfrenato.

Tutto, però è racchiuso dalle mura esterne, sorte per legge, ma non si sa se per proteggere i vivi dai fantasmi dei morti, o i morti dalla stupidità dei vivi.

Due le entrate “classiche” alla certosa di Bologna: Quella ottocentesca detta dei Piagnoni e quella degli anni trenta, dalla parte del Ghisello.


Gli affreschi di Marco da Venezia

I Bolognesi chiamano “Piagnoni” le due grandi terracotte poste alla sommità dei pilono dell’entrata ottocentesca, opera di G. Putti.
Molto spesso, fra le tombe restano inalterate grandi opere d’arti, come in uno dei primi corridoi che uniscono il sagrato ai chiostri, dove imperano gli affreschi di Marco da Venezia sotto cui appaiano le prime lapidi e tombe.


Chiostro d’ingresso

Anche le pareti spoglie, però narrano la vita che fu.

Dentro le mura, ecco il susseguirsi degli ambienti destinati alle sepolture, alcuni angusti e bui, altri enormi, molti all’aperto, altri sotto volte o loggiati.
E’ un susseguirsi di tombe monumentali o più contenute, in un silenzio quasi irreale e fra architetture che compendiano quelle di oltre cinquecento anni di ampliamenti: fino all’ottocento, per far “respirare” la vita monastica, nei due ultimi secoli per ospitare la pietà della città nei confronti dei suoi defunti.

Per il resto bastano le immagine per illustrare l’eterogenico alternarsi degli spazi dove giacciono milioni di defunti


Chiostro maggiore


Sala di San Paolo


Sala delle Catacombe


Campo dei Caduti


Sala Pietà sotterranea