SAN GIROLAMO DELLA CERTOSA
STRUTTURA E ARCHITETTURA
Un’edificio stranamente intatto da secoli

 

ESTERNO: UNA SEMPLICITÀ DAVVERO MONACALE


La faccciata


La parte absidale

Come spesso capita negli antichi monasteri l’architetto che curò la costruzione del complesso era una frata: il certosino Galcano da Maggiano.

La chiesa è stranamente, a forma di “T” rovesciala ed ha mantenuto nei secoli intatta questa sua struttura architettonica. Altra particolarità e che sia la facciata che il l’abside sono accompagnati dai porticati degli antichi chiostri conventuali.

Due i campanili: quello minore è coevo alla costruzione della chiesa, il più alto fu eretto nel 1661.

Dal punto di visto degli ornati la Chiesa non è all’esterno particolarmente preziosa anzi è davvero spoglia.

In un certo senso, la parte migliore è la retrostante, dove le volumetrie risultano più mosse, nel loro piacevole articolarsi fra abside, campanile ed archi del chiostro maggiore.


Il fregio del sottogronda

L’unico ornato (si fa per dire) è rappresentato dalla delicata cornice in cotto che accompagna con motivo a volte a sesto acuto (quasi forse un piccolo porticato di stile gotico) lo zoccolo del sottogronda. E una piacevole motivo uniforme e continuo che si sviluppa su tutto il perimetro delle chiesa e sul campanile

Già all’esterno della facciata, sotto il portico che la caratterizza come due larghe braccia spalancata, la “finalità” della chiesa (da Convento a camposanto) sembra preannunciata da una serie di antiche e belle lastre tombali

Le antiche lapidi funerario incassate sotto il porticato di facciata

 

INTERNO: UNA CHIESA TUTTA DIPINTA


La navata


Interno, ala sinistra


Particolare del coro ligneo


La sequenza delgi archi che portano
alla sagrestia

L’interno della chiesa è completamente ricoperto di quadri, ornati e ritratti (soprattutto e ovviamente di frati) realizzati da vari artisti. Fra essi, primeggiano senza dubbio Bartolomeo Cesi, i due Sirani (Andrea e la figlia Elisabetta) e Domenico Maria Canuti, ma non mancano numerosi altri artisti dell’epoca seicentesca.

Molto bello à il coro ligneo, con tarsie realizzate quasi tutte nel 1539 da Antonio de’ Marchi, ma in gran parte restaurate nel ‘600.

Una particolarità della chiesa è che la sagrestia non è sul retro, presso l’altar maggiore, ma all’ingresso del tempio, sulla sinistra e la si raggiunge attraverso un suggestiva sequenza di tre archi (forse un’antico chiostro recuperato allo scopo o, forse, cappelle ristrutturate nella loro finalità).

delle tre cappelle che si aprono a sinistra dell’entrata.


Le catene degli schiavi liberati;
appese alle tabelle che ne ricorda il nome

Una vera curiosità storica sono le catene (circa 20) appese fra le volte dei passaggi che portano alla segreteria e sulle restanti pareti.

Sono attaccate a delle lapidette in legno dipinto in cui si leggono un nome, un anno e una cifra: Quelle catene sono i ceppi dei bolognesi che furono rapiti dai Pirati saraceni e riscattati da una Confraternita nata e specializzata a questo scopo. Le tabelle riporta ciascuna il nome del riscattato, l’anno nel quale fu liberato e l’importo in lire pagato. In un certo senso si tratta di un vero e proprio registro contabile di carico e scarico delle operazione effettuate dalla Confraternita.