Un bolognese sul Soglio pontificio

 

GREGORIO XIII

IL PAPA DEL CALENDARIO, DELLE MISSIONI E DELLE CATACOMBE

 

 

    È molto difficile intervistare un pontefice e non nascondo, Santità, l’imbarazzo anche per come chiamarla.

    Andiamo, figliolo, ormai ci siamo e tanto vale che tu cominci a far domande. Dammi del “lei”, chiamami Santità… e via!

    Cominciamo con qualche dato anagrafico: lei assunse il nome di Gregorio XIII quando fu eletto Papa nel conclave del 1572; ma, al secolo, come si chiamava?

    Ugo Buoncompagni, bolognese, nato nel 1502 da un commerciante arricchito. Non sono quindi di nobili origini come molti agiografi del tempo e posteriori mi hanno voluto far passare. La nobiltà fu acquisita dalla mia famiglia per proprie capacità imprenditoriali e non per discendenza e progenie illustri.

    Bologna le diede i natali ed i bolognesi previdero che lei sarebbe diventato papa. Com’è questa faccenda?

    C’era una profezia popolare secondo la quale il palazzo che mio padre aveva fatto costruire sarebbe diventato sede di un Papa. “Vox populi, vox Dei”… E così fu! Ma in realtà divenni papa per ben altri meriti che non profetici.

    Parliamone di questi meriti.

    Spero di non sembrare superbo! Comunque… Fui docente di diritto canonico all’università di Bologna, assunsi importanti incarichi dalla Santa Sede, ebbi notevole parte nel Concilio di Trento, sotto ben tre papi. La mia educazione spirituale si formò piuttosto tardi, con Carlo Borromeo, Vescovo di Milano e non nascondo che prima di quel momento avevo avuto una vita… come dire?… mondana?

    Vita intensa e piena d’esperienze: le giovò nella sua nomina a Pontefice?

    Moltissimo! Pensa che il Conclave del ’72 durò solo un giorno, segno che non vi furono dubbi sulla mia elezione; se però i cardinali avessero saputo che fra le mie precedenti esperienze c’era anche quella di aver avuto un figlio naturale, non so come sarebbe andata a finire! “Fiat Voluntas tua”, comunque! E quando, dopo, mi si rimproverò la grave circostanza del figlio, risposi semplicemente che se i Cardinali non ne erano a conoscenza, certamente lo sapeva lo Spirito Santo, che pure non aveva impedito la mia illuminata elezione…

    Arguzia tutta bolognese!

    Ma no! Serena visione delle cose!

    Sereno, però, non fu certo il suo pontificato.

    Questo è vero, ma attivo per la Chiesa, se si considera che uscivamo dalla grande scissione tedesca, dalla riforma protestante, dal Concilio di Trento. Per difendere il Cattolicesimo pensai si dovesse incrementare quelle che erano state le sue armi naturali: la predicazione, lo studio, l’opera pastorale...

    … e l’edilizia!

    Fai dello spirito? Ebbene sì, perché serviva a far ritornare Roma “caput mundi”, la capitale del mondo. Costruì quindi chiese, conventi, palazzi, fontane…

    Lo so, ma sotto lo stemma del drago, in altre parole della sua insegna familiare.

    Bèh, che c’è di male? Non c’era però il drago, quando scavando lungo la Salaria vennero fuori le prime catacombe, segno tangibile che la Chiesa di Cristo era nata a Roma. Questo ritrovamento fu molto importante perché dimostrava a tutti gli eretici… pardon!… a tutti i fratelli separati, che i nostri dogmi, la nostra fede antica, i nostri santi e quanto era alla base dei principi religiosi del cattolicesimo romano, non erano un’invenzione della Curia di Roma, ma una realtà storica, inconfutabile e documentata.

    Ciò accadde nel 1578, vero?

    Sì, sotto il mio pontificato! Quanta commozione nei numerosissimi fedeli che andavano a visitare le catacombe! Quanti Pellegrini! Fu un momento d’altissima fede sia per Roma sia per il mondo intero.

    Lei, Santità, è anche ricordato per la riforma del calendario: il modo di calcolare giorni, mesi e anni che si usa oggi, venne, infatti, sancito da lei.

    Era necessario modificare il calendari di Giulio Cesare, perché conteggiando il tempo secondo quel sistema, esistevano ormai dieci giorni di scarto rispetto alla durata dell’anno solare. In altre parole, quando si festeggiava il natale, in realtà non era il 25 dicembre, ma il 15.

    Con una sua Bolla, tutto è ritornato a posto!

    Sì, i cattolici si addormentarono il 5 ottobre e quando si svegliarono non era il 6, ma il 15. Il calendario coincideva nuovamente con l’anno solare. Quella notte fu la più lunga d’ogni tempo, perché pur essendo durata come tutte le altre dodici ore, fra la sera e l’alba, ne passarono 240.

    Perché ha detto cattolici e non il mondo intero?

    Ma caro figliolo, perché greci ortodossi, protestanti e tutti coloro che non potevano vedere il Papa come autorità, non ne vollero sapere di adeguarsi. Eppure, almeno quella volta, l’iniziativa non aveva finalità religiose, ma solamente scientifiche. Dovettero passare dei secoli, prima che il mondo intero si adeguasse al mio calendario… mio per modo di dire, perché i principi base li aveva dettati un certo Ghirlandi (Gilio o Lilio, non mi ricordo neppure il nome!), studioso d’astronomia all’università di Bologna.

    Bolognese il Papa riformatore del calendario e bolognese il centro scientifico che lo studiò.

    Non poteva essere diversamente. A Bologna la scienza astronomica era all’avanguardia e la stessa meridiana solare costruita in San Petronio, dimostrò il disaccordo esistente fra calendario giuliano e tempo solare.

    A proposito di Bologna… Fra i sette Papi che essa diede alla Chiesa, lei, Santità, mi sembra il meno bolognese di tutti. Mi sbaglio?

    Non so! Ma vedi, un papa ha il dovere di dimenticare le proprie origini e di pensare solo alla Chiesa e all’entità internazionale che la caratterizza spiritualmente e, ai miei tempi, anche materialmente. Come bolognese, io ho attinto molta dalla mia città: ho già accennato al calendario, ma anche all’università di Roma, che io volli completamente riformare, si basò su istituzioni originarie di Bologna: nazioni, collegi, facoltà, ecc., così da affiancarsi ad essa come massima istituzione italiana e sopranazionale del genere.

    Anche le missioni mi sembra siano state una prerogativa del suo mandato pastorale?

    Certamente! Il mondo si stava estendendo al di là delle Colonne d’Ercole e al di là degli Urali. La chiesa ne doveva seguire le sorti portando ovunque il Vangelo. È nel principio stesso della Chiesa che l’attività pastorale trova la sua essenzialità: “Una è la Fede, una è la Chiesa universale, uno è il Pastore sulla terra, il successore di Pietro”!

    Questa sua frase sa di autocitazione, Santità. Sbaglio?

    No, essa è la risposta che diedi al Cardinal Consalvi, quando mi presentò un’ambascieria giapponese giunta a Roma, dopo circa tre anni di viaggio. Fu un fatto memorabile anche questo: significava che l’espansione di Roma Cattolica aveva superato quella di Roma Imperiale. E pensare che ora si arriva in Italia, da ogni parte del mondo, in poche ore di viaggio!

    E’ il progresso, Santità, cui anche lei ha contribuito.

    Almeno ho tentato. “Initium sapientiae, timor Domini”, Il timor di Dio è l’inizio della sapienza, Dio è alla base della scienza… Così dicevo e così ho voluto fare. Ma il mio pontificato fu troppo breve per poter modificare le cose.

    In conclusione, santità, lei è stato nello stesso tempo buon bolognese e buon papa, ne conviene?

    Troppa grazia… Diciamo che sono stato soltanto un papa, uno dei tanti che hanno badato agli interessi della Chiesa. Per quanto riguarda Bologna, essa mi ha dato i natali e mi ha aiutato a far quel poco di bene che mi si attribuisce. E mi sembra che basti!

    Basta senz’altro, Santità.