PRESENTAZIONE DELL’AUTORE

Questo è un romanzo pazzesco. E’ un giallo, ma non vi sono né morti né assassini; c’è un personaggio principale, ma pur essendo sempre presente e comunicando di continuo, non si esprime, né tantomeno parla; c’è un susseguirsi apparentemente reale di vicende contemporanee ma si articola con lontane leggende, più fantasiose che mitiche. Le uniche parti serie e vere sono quelle in cui si parla di Bologna, della sua storia e dei suoi monumenti, il resto è pura invenzione. Ma se questa Bologna è reale, e lo è, essa è anche parte integrante del racconto e, allora, i casi sono due: o è tutta pazzia o è tutta realtà.

D’altra parte, se è vero che esiste a Bologna un’assurdità come “Aelia Laelia”, possono benissimo esistere anche le vicende che ho narrato, le quali, a pensarci bene, potrebbero essere più credibili dell’epitaffio inciso su quella famosa ed enigmatica lapide.

A mio parere, il romanzo potrebbe avere due limiti: innanzitutto può sembrare una specie di miscuglio fra “Il mistero dei quattro”, “Il Codice da Vinci” e “Il Broker”, con spazzolate, qua e là de “Il nome della Rosa”, ma non c’è plagio, perché Bologna e la pazzia non sono plagiabili. Il secondo limite è che potrebbe essere una libro privo di interesse a lettori non bolognesi, ma questo difetto (sempre che lo sia) non è un problema mio, ma dell’editore che vedrebbe circoscritta alquanto la tiratura (e la vendita!) delle copie.

Perché l’ho scritto? Le ragioni sono sempre quelle: per pazzia e per amore di Bologna; spero soltanto che la pazzia rimanga mia e che l’amore e la conoscenza di Bologna crescano un po’ leggendo questo romanzo.

Dentro il romanzo ho cercato di inserire di tutto: una vicenda triller, un insolito ventaglio di personaggi diversissimi fra loro, qualche situazione sentimentale, e ovviamente, qualcosa di biografico. La vera difficoltà non è stata creare una trama accettabile, ma inserire in essa – spero nel posto giusto e al momento opportuno – la mia città, cercando di descriverla e, in molti casi, “narrarla” in modo degno di lei. Anche in questo caso non posso che esprimere una speranza: che sia passabile la trama, ma indovinatissima la presenza in essa di Bologna.

E veniamo ora alla lapide di “Aelia Laelia”, che in questo romanzo ho più volte indicato ironicamente come “puttana”. Non lo è affatto, anzi è una donna (ma poi lo è davvero?) molto seria, come l’hanno presa seriamente i numerosi artisti, scienziati, filosofi e letterati, soprattutto stranieri, che nell’arco di quasi cinque secoli sono venuti a contatto con lei. Non è stato mai un contatto “carnale”, ma sempre e comunque platonico. Bisognava capirla per possederla ed per questo che non è mai stata posseduta.

Ho cercato anch’io di scoprire il mistero che si nasconde in essa e poiché era impossibile, me ne sono inventato uno tutto mio che trasferisco con questo romanzo a quanti avranno la possibilità o la volontà (o, meglio ancora, la pazienza) di leggerlo. E ciò è stato demenziale, perché la soluzione che do non è assolutamente possibile e, quindi, tanto per cambiare, pazza.

L’ho già detto, e lo ripeto questo romanzo è una pazzia!

Sandro Samoggia

 

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