Dal sito::  www.miabologna.it
State leggendo il romanzo giallo SHERLOCK HOLMES A BOLOGNA di Sandro Samoggia

 

INDICE GENERALE DEI SITO

 

INDICE DEL ROMANZO

INDICE “STORIA E FANTASIA

 

CAPITOLO 7
Hotel Brun, 30 giugno 1885, ore 12,15

 

«Decisamente una cronaca giornalistica, la sua, signor Testoni, e, se vogliamo, anche un po’ teatrale.»

La voce di Holmes era pacata, suadente, senza alcun accento di malumore, ma io mi resi conto che quello non era di certo un complimento.

«Lei ha ragione, Signor Holmes, a definire “teatrale” il racconto del Signor Testoni…» Il commento era giunto da dietro di noi ed era del Conte Paleotti, il quale proseguì chiedendoci se sapevamo veramente chi fosse quel signore con cui stavamo parlando.

«E’ il signor Alfredo Testoni – risposi – un giornalista… o almeno così lui si è presentato a noi.»

Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\SCHERLOK CD\000CAP 07_file\image002.jpg
Il Teatro del Corso, in una rara immagine degli anni ‘30

«Certo, Testoni è un giornalista, un giovane ottimo giornalista, ma è anche uno splendido commediografo. Se lei, signor Holmes, avesse visto al Teatro del Corso l’ennesima replica della sua commedia “I Pisuneiniavrebbe capito il perché nel raccontarvi una qualsivoglia cronaca, non avrebbe potuto che farlo in forma teatrale…»

Mi sembrò che Holmes fosse rimasto non positivamente sorpreso nel vedere che una sua critica si fosse trasformata in un vero e proprio complimento, cosa che assolutamente non avrebbe voluto. Intanto Paleotti aveva cambiato discorso: «Novità sulle indagini? E’ venuta la signora Zerbini?»

Fui io a rispondere: «Sì, la signorina Zerbini è venuta è ha dato a Holmes alcune indicazioni ch’egli ha ritenuto importanti per l’indagine.»

«Mi dica, allora, Signor Holmes, quali sono queste novità?»

Quasi non avesse sentito la domanda, Holmes si rivolse a Testoni, senza dar peso alla scortesia che certamente stava compiendo nei confronti del Conte che, oltretutto, era il suo cliente: «Signor Testoni – disse – non doveva farmi un’intervista? Eravamo d’accordo così, se ben ricordo: lei rispondeva alle mie domande ed io, dopo, alle sue. Vogliamo fare due passi, così lei farà il suo mestiere di giornalista, io di intervistato e non daremo alcun disturbo a questi nostri amici?»

«Volentieri, se il Dott. Watson e l’illustrissimo signor Conte, non hanno nulla in contrario.»

Ero certo che quella uscita di Holmes di volersi appartare con il giornalista, non fosse affatto estemporanea e casuale, ma necessaria ai fini delle indagini, anche se mi era pressoché impossibile il solo immaginare a cosa avesse mai potuto portare. Anche il Conte aveva capito l’intenzione di Holmes, tanto da rassicurarlo: «Se dev’essere un’intervista confidenziale, non vedo perché dovrei essere contrario. Non c’è alcun problema, io resterò qui col dottor Watson a parlare un po’ di Londra, dell’Inghilterra e della Casa Reale.»

Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\SCHERLOK CD\000CAP 07_file\image003.png
La sede della Cantina Rovinazzi, sulle colline di Casaglia

Holmes e Testoni salutarono e si allontanarono dal cortile dell’Hotel Brun, mentre io e il Conte ci apprestammo ad ordinare al bar qualcosa di meglio del caffè, latte e pasticcini che fino a quel momento ci erano stati serviti; ovviamente lo pregai di scegliere lui cosa consumare, essendo il padrone di casa, ed egli ordinò per entrambi un vino chiamato “Bianco di Casaglia”, specificando che fosse prodotto dalla Cantina Rovinazzi, accompagnato da un qualche cosa che chiamò “Certosino”, che poi, quando ci fu servito, altro non era che una specie di ciambella scura e non certo soffice, ricoperta di mandorle e frutti canditi.

Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\SCHERLOK CD\000CAP 07_file\image004.jpg
Antico Manifesto per pubblicizzare il
Certosino di Francesco Lepori

Paleotti mi spiegò di cosa si trattasse: «In Bolognese si dice “Penspìziel”, panspeziale, ma noi lo chiamiamo semplicemente “Certosino”, dato che si tratta di una invenzione gastronomica dei frati certosini di Bologna. L’antica ricetta fu acquisita, diversi decenni fa, da uno stranissimo personaggio, il canonico Francesco Lepori, un ebreo del ghetto, che dopo essere stato battezzato, prima divenne sacerdote al seguito di un prete rivoluzionario chiamato Ugo Bassi, poi si spretò e si diede alla macchia sulle montagne di Vergato. Calmatesi le acque, e tornato a Bologna, aprì una drogheria proprio qui, in via dei Vetturini, dove sfruttò la ricetta sfornando certosini a più non posso. Il certosino è un dolce invernale che riscalda per davvero, mica storie!, sia perché lo devi masticare forte, quasi a fatica per estrarne tutta la prelibatezza, sia per il composto con cui è fatto, roba sostanziosa e ricca di gusto, mica leggera come le vostre gelatine inglesi! Dopo averlo mangiato ci si sente davvero come dei leoni. Non le sembra?»

L’affermazione che in Inghilterra i dolci fossero solo tenere gelatine fu forse un po’ insolente, ma non mi toccò più di tanto, e comunque tentai di ribattere al Conte come meglio potei: «Si, non è male – mentii sfacciatamente, perché in realtà, esso risultò squisito – ma siamo in giugno…. Non è forse fuori stagione?»

«Il certosino è sì un dolce invernale, ma è sempre buono, anche fuori stagione, soprattutto se accompagnato da un Bianco di Casaglia come questo!»

Non confermai, per non dar troppa soddisfazione a quel nobile bolognese, però fra me e me condividevo appieno lo splendore gustativo dell’abbinamento del certosino con quel vino. Il dialogo si sarebbe a questo punto interrotto, se Paleotti non avesse ritenuto di tenerlo vivo cambiando discorso: «Come vanno le indagini del signor Holmes?»

«Apparentemente sembrerebbe che grandi passi avanti non ne abbia fatti…»

«Apparentemente? E invece?»

«Holmes è davvero imprevedibile. Quello che a noi sembra essere una cosa o un fatto insignificante, per lui acquista tutt’altra luce, diventa indispensabile e fondamentale per l’indagine. Sono convinto che stia concretizzando qualche cosa che, se non decisiva per il caso, lo avvicinerà certamente alla sua soluzione, anche se sembra impossibile farlo dopo tanti anni e senza la possibilità di svolgere un’investigazione scientifica a corpo ancora caldo. Ma, come ho detto, Holmes è incredibile e non mi rammento neppure di un caso da lui indagato, che sia rimasto insoluto.»

«Speriamo che il Caso Coltelli non rovini la sua media!»

«Non credevo che voi Bolognesi foste anche spiritosi! »

«E’ la nostra specialità, oltre ovviamente a quelle di essere dotti e grassi!»

Proprio in quel momento rientrarono Holmes e Testoni, quest’ultimo unicamente per scusarsi di non poter rimanere a causa di un impegno e per salutarci. Non mancò poi di confermare a Holmes la sua disponibilità nel caso ne avesse avuto bisogno: «Abito qui dietro – gli disse – in via Gombruti, proprio all’angolo con Portanova. Mi venga a trovare quando vuole.»

Quando il giornalista si fu allontanato, Holmes si sedette con noi guardando interdetto il dolce che campeggiava tagliato a fette sul tavolino.

«E questo cos’è?»

«Una specialità di Bologna, – risposi – ma attento, Holmes, una fetta di questa specie di torta costituisce un pranzo intero! Dopo non si riesce a mangiare più nulla.»

«Tanto non ho fame!» Disse Holmes prendendo fra le dita un pezzo di certosino e portandoselo alla bocca, quasi con avidità, pur non sapendo di cosa si trattasse.

«Non male!» Commentò, aggiungendo alla degustazione del dolce un sorso di vino che nel frattempo Paleotti gli aveva versato.

Attesi un attimo che Holmes avesse riposto il bicchiere sul tavolino, per chiedergli se si poteva sapere di che cosa avessero parlato lui e il signor Testoni in separata sede. Holmes si mise a pensare, poi estrasse pipa e tabacchiera come volesse farsi una fumatina, ma ci ripensò; ripose il tutto di nuovo in tasca e prendendo in mano un'altra fetta di certosino, si versò un mezzo bicchiere di bianco. Un morso ed un sorso, poi, finalmente – a Dio piacendo – ecco la risposta alla mia domanda: «Per quanto riguarda il caso, gli ho semplicemente chiesto se poteva farmi incontrare con l’avvocato Pasi, avendo da approfondire alcuni aspetti giudiziari legati al caso. Per il resto abbiamo semplicemente parlato prima di me e della mia storia di investigatore, poi di come ho trovato Bologna ed i Bolognesi. L’ho pregato di astenersi al momento dal divulgare la mia presenza in città per non danneggiare le mie indagini, e lui mi ha promesso che non l’avrebbe fatto. Si è infine soffermato sul servizio giornalistico che andava a fare in un posto di cui non ricordo neppure il nome, ma dove giocano a pallone, uno sport che noi inglesi non conosciamo, ma che qui ha molti appassionati.»

«Il posto è lo Sferisterio – tenne a specificare il Conte – e il gioco in realtà si chiama “Palla al bracciale” ed appassiona molto i bolognesi, soprattutto quando si affrontano due grandi campioni, Giuseppe Ziotti e Bruno Bianchini. Volano le palle in campo volano le scommesse e volano le sberle sugli spalti… quasi come il cricket per gli inglesi.»

Descrizione: Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\SCHERLOCK HOLMES\IMMAGINI\Giovanni Ziotti Bruno Banchini  pallone.png   Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\SCHERLOK CD\000CAP 07_file\image006.jpg
Giovanni Ziotti e Bruno Banchini assi del pallone in un disegno di Nasica
e, a destra una partita allo Sferisterio

«Noi non ci diamo sberle fra sostenitori di squadre avversarie! – Dissi piccato – E poi da noi il cricket e un gioco da gentlemen, non da massa insulsa, la quale, per altro, sta appassionandosi ad un nuovo sport che si chiama football, palla al piede, perché è proibito toccare la palla con le mani. Lo si deve fare solo con i piedi.»

«Solo con i piedi? No, qui in Italia una cosa simile non attaccherà mai….»

L’affermazione di Paleotti sembrò chiudere definitivamente il nostro incontro, tant’è ch’egli si alzò per salutare ed accomiatarsi: «Ora debbo andare. – disse – ovviamente se avete bisogno di me, potete sempre avvisarmi tramite un fattorino dell’albergo. Sono d’accordo che vi verrà fornito anche questo servizio.»

«Oggi penso proprio di non aver bisogno di lei. Ho intenzione di andare a Borgo Ballotte dove vive la Zerbini. Mi servono alcune verifiche … »

Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\SCHERLOK CD\000CAP 07_file\image007.jpg
Borgo Ballotte nella mappa settecentesca del Blaeu

«Borgo Ballotte? – Il Conte strabuzzò gli occhi – Voi, Signor Holmes, non sapete cos’è Borgo Ballotte. Tutta la feccia di Bologna è riunita lì e non è un caso che proprio in quel quartiere avesse sede la banda di malfattori (oltre 100 banditi) che insanguinò Bologna fino a una ventina d’anni fa. Ora sono i figli di costoro, diventati grandi, che hanno preso il posto dei padri. Nessuno va in quella zona, anche gli agenti evitano di entrarvi, se non espressamente comandati. A borgo Ballotte una coltellata non la si rifiuta a nessuno, specie agli estranei… E poi è indecoroso che dei signori come voi vi si possano recare, i portici sono pieni di donne di malaffare e ci sono anche ben tre case di tolleranza, ma di quelle di basso rango, indegne di persone civili.»

«Non conosco Borgo Pallotte, ma conosco Soho ed i quartieri malfamati di Londra e vi assicuro, Signor Conte, che non sono impreparato a quello che mi state raccontando. Ma siccome lavoro per voi, e voi mi sembrate non gradire la mia andata là, non ci andrò.»

Il Conte Paleotti parve soddisfattissimo della risposta di Holmes e dopo essersi complimentato per la sua correttezza, confermò la sua disponibilità nel caso di bisogno e si allontanò, salutandoci di nuovo con la mano in fondo al chiostro, prima di scomparire dalla nostra vista.

«Che ora è?» Mi domandò Holmes.

«Sarà quasi l’una… – risposi estraendo l’orologio dal taschino – Per la precisione mezzogiorno e cinquanta tre.»

«Andiamo in camera, ci attrezziamo, poi usciamo di qui.»

«Ci attrezziamo di cosa e per andare dove?»

«Ha portato il revolver da Londra, Watson?»

«Il revolver? Ho capito, andiamo a Borgo Ballotte»

La cosa mi sembrò alquanto incomprensibile, non tanto per le parole del Paleotti che ci aveva voluto avvertire di quanto fosse pericoloso quel luogo malfamato, ma perché non comprendevo come due inglesi che non conoscevano una parola d’italiano, potessero svolgere un’indagine in un ambiente dove nessuno, ma proprio nessuno li avrebbe potuto capire. Esposi questa mia perplessità a Holmes, il quale scuotendo la testa e sorridendo mi rassicurò: «Lei, Dottor Watson, era troppo distratto dalle parole del Conte e non si è accorto che nel frattempo è tornato Luciano. Sarà lui che ci accompagnerà e che ci farà da interprete.»

«E lei è sicuro che Luciano, il quale, forse, conosce la pericolosità della zona ancor meglio del Conte, ci voglia portare lì? Non sarà che anche lui sia convinto del rischio che comporterà una tale avventura e che rifiuti di esserci?»

«No, non si rifiuterà! Dimentica, Holmes, che in quel quartiere abita la Zerbini… Ci saranno anche dei rischi, ma c’è anche la forte possibilità ch’egli la possa e la voglia incontrare.»

 

Anni prima…
in Borgo Ballotte, il 16 luglio 1861, alle ore 18

 

Descrizione: Descrizione: Descrizione: C:\Users\Sandro\Desktop\DOCUMENTI IN CORSO\CARTELLE DOCUMENTI\AA SANDRO DOCUMENTI\BOLOGNA\ALBUM FOTO BOLOGNA\FOTO D'EPOCA\GENTE\Bulletto del quartiere 2.jpg
Pio Bacchelli
(foto d’epoca indicativa
del Personaggio)

Al funzionario di Pubblica Sicurezza, Vittorio Kislich, quell’incarico non piaceva: doveva pedinare un certo Pio Bacchelli, ladro e rapinatore di chiara fama. La sua perplessità non era tanto dovuta al fatto di doverlo seguire ovunque andasse e controllarne ogni movimento, ma di sapere benissimo di essere a sua volta controllato dal delinquente, di cui poche settimane prima aveva dovuto arrestare e portare in carcere il fratello Raffaele; pedinare qualcuno in queste condizioni era come non pedinarlo affatto, in quanto sarebbe stato difficilissimo coglierlo in flagranza di reato e procedere al suo arresto.

Comunque fosse, il dovere era il dovere e anche quella sera l’agente era al lavoro a Borgo Ballotte e precisamente in via Mirasole Grande, ed il fatto che il Bacchelli fosse lì e si dirigesse verso la vicina via Miramonti, era molto interessante. Là infatti, c’era l’Osteria di Alessio Tagliavini, persona assolutamente non raccomandabile e già segnalata alla Questura per affari che ben poco avevano a che vedere con i fiaschi e le botti di vino. Bacchelli entrò proprio in quel locale e dopo qualche minuto anche Kislich fece altrettanto, e lo vide già seduto da solo in un tavolo d’angolo e con il bicchiere di vino in mano. Si avviò con indifferenza al bancone, ma non fece in tempo a raggiungerlo.

«Ispettore – disse ad alta voce Bacchelli, come volesse avvertire tutti ch’era entrato un poliziotto – qual buon vento la porta qui… Si accomodi al mio tavolo che le voglio offrire da bere.»

«Per il vero non potrei…» rispose dubbioso il poliziotto

«Lo so che lei è in servizio e che il servizio sono io…. Sempre zelante, il nostro ispettore… Ma venga lo stesso qui al mio tavolo, che scambiamo alcune chiacchiere…. Che male vuole che ci sia? E poi, chi potrebbe mai venirlo a sapere?»

«Sarò io a relazionare ai miei superiori di questo incontro.»

Il tono di Bacchelli divenne quasi ironico:

«I suoi superiori? Si riferisce forse all’illustrissimo avvocato Antonio Grasselli, il difensore della sicurezza pubblica che ci hanno mandato quei ladroni dei Piemontesi?»

«Attento come parla, signor Bacchelli, anche la diffamazione è un reato!»

«La ringrazio dell’avviso e ne terrò conto… E allora si segga con me che parliamo un po’ di noi.»

Al poliziotto parve chiaro che Bacchelli stava recitando una commedia e che la sua gentilezza era del tutto falsa, ma accettò l’invito perché forse poteva tornare utile alle indagini.

Si sedette e l’oste, ad un cenno di Bacchelli, portò un altro bicchiere e lo riempì.

«E allora, cos’ha da dirmi?» Domandò serio Kislich senza toccare il bicchiere.

«Pensavo agli ultimi arresti da lei compiuti…»

«Vostro fratello Raffaele?»

«Anche. Ma ci sono altri come lui che ne hanno seguito la sorte…»

«Per la verità prima di seguirne la sorte, come lei dice, hanno commesso reati non da poco.»

«Reati? Ragazzate, direi.»

«Rubare, minacciare di morte, creare bande armate… Ragazzate! Lei dice? Non credo proprio.»

«Li rimetta alla prova, vedrà che la strigliata che hanno ricevuto da lei, Ispettore, sortirà il giusto effetto.»

«Non dipende da me… ci sono i giudici per questo.»

Mentre parlavano, Kislich vide che nell’osteria erano entrati alcuni elementi che, almeno dall’aspetto, sembravano davvero poco raccomandabili. Capì che era solo in un ambiente ostile e che stava diventando molto pericoloso per lui. Si alzò dal tavolo: «La ringrazio del vino, ma ora devo andare.»

Anche Bacchelli si alzo:

«Anch’io… La saluto Ispettore.» E uscì.

Anche Kislich andò via dall’osteria, ma non senza tenersi pronto a difendersi in caso di assalto. Non successe nulla e la sua tensione diminuì. Si avviò per via Miramonti, ma appena giuntovi, rivide Bacchelli che gli si avvicinava, mostrandosi ancora gentile: «Che ne dite di proseguire la chiacchierata in un altro locale più tranquillo?»

«Non posso, mi dispiace.»

Bacchelli lo prese sottobraccio: «Non avrà mica paura di me? Venga, ispettore, andiamo al Bar del Corso.»

«Le ho detto che non posso.»

«E allora, muori!»

Bacchelli aveva improvvisamente estratto di tasca un coltello mirando al petto all’ispettore, che proteggendosi col braccio riuscì a deviare il colpo, ma non fu sufficiente ad evitare una grossa ferita alla spalla. Il delinquente lo colpì ripetutamente dove poteva, finché le forze dell’assalito non vennero a mancare. Cadde a terra, urlando soccorso, mentre Bacchelli lo colpiva ancora un paio di volte:

«Oggi è toccato a te, domani toccherà a quello sporco piemontese di Grasselli.»

 

Vai al capitolo successivo

 

Dal sito::  www.miabologna.it
State leggendo il romanzo giallo SHERLOCK HOLMES A BOLOGNA di Sandro Samoggia

 

INDICE GENERALE DEI SITO

 

INDICE DEL ROMANZO

INDICE “STORIA E FANTASIA